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Epic fail sui Social Media: come gestirli?

Durante il #digit2016 ho seguito un intervento molto interessante, avente per argomento gli #Epicfail sui Social: come evitare che succedano, come gestirli, come non commettere tutti quegli errori che le aziende normalmente fanno, quando vengono attaccate sui Social.

Brava la speaker, Valentina Vellucci, che parlava a macchinetta, a mostrare quante volte i grossi brand si siano trovati impreparati a gestire gli attacchi più o meno leciti di fan, troll e hater.

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L’elenco è lungo: da Melegatti che ha tradito il suo pubblico usando un colore fuorviante e un testimonial non in target, Valerio Scanu, a Barilla – non per le accuse di famiglia un po’ troppo tradizionale, ma per i piatti preparati da Oldani – passando per Vanish, Foodora, Sendabox, i biscotti Grisbì, i sughi Althea, Coca Cola (che ha postato una mappa anacronistica della Russia) e Findus. E ovviamente citando Volkswagen (che non è un Epic Fail), Monclair e il Fertility Day.

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Quel che ne viene fuori è una grande tendenza a sottovalutare le situazioni a rischio, forse perchè non si paragona al comportamento offline (bellissimo il video mostrato di Samsung Italia su cosa sono i troll) o forse perché non si ha una politica di gestione della crisi.

E allora cosa fare se si è sotto attacco?

Innanzitutto capire con chi si ha a che fare. Non solo nel senso della singola persona – è un hater? va bannato senza pietà, in caso contrario va gestito  – ma anche in termini di personas. Ovvero: quelle persone che criticano con ferocia un brand minacciando di non comprarne più i prodotti, sono potenziali clienti? perché spesso non lo sarebbero comunque.

Poi… agire! E’ fondamentale intervenire tempestivamente e non lasciare senza presidio il canale. Le persone diventano molto cattive se nessuno risponde loro. O anche se le risposte sono fatte col copia&incolla.

Se la crisi è molto consistente, è necessario lavorare anche offline: Pr, ufficio stampa, con i giornali, con azioni collaterali (come nel caso di Vanish e l’alluvione di Genova).

Mi sono piaciute alcune osservazioni di Valentina: il fatto che le aziende possano sbagliare, è umano, l’importante è chiedere scusa, ammettere l’errore.

Altro dettaglio: mantenere coerenza anche nella risposta, come nel caso di Sendabox che ha mantenuto lo stesso Tone of Voice ironico delle sue comunicazioni pubblicitarie. In ogni l’intervento umano e non automatico nelle risposte fa la differenza.

Dalla carrellata di esempi mostrati emerge che se da una parte ci sono community di persone pronte ad infiammarsi per un nonnulla, dall’altra in Italia non siamo pronti a scherzare su alcuni temi, ancora tabù (omosessualità, fertilità, ruolo uomo/donna).

Con la consapevolezza che rimuovere un post errato può non bastare: a volte la Rete non dimentica.

 

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